“Non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi”.
(Vince Lombardi)
Se vogliamo dare un nome allo spirito costruttivo che dà la forza per far fronte alle situazioni che valutiamo come negative, il suo nome è “resilienza”.
Il termine viene utilizzato molto oggi in psicologia e intende una “strategia” per risolvere ed affrontare i problemi. Ma questa forza interiore … da dove arriva? Perché alcune persone riescono a sopravvivere a dei traumi pesanti, e invece altre finiscono con il loro spirito spezzato?
Come per esempio ha fatto Nelson Mandela a non perdere la sua mente lucida mentre
era rinchiuso in carcere per 27 anni? Anzi, nella sua autobiografia “Lungo cammino verso
la libertà” (Mandela, Nelson; “Lungo cammino verso la libertà”; Edizione 2013; Casa editrice:
Feltrinelli; EAN: 9788807880384) descrive che persino per i sorveglianti era diventato un
punto di riferimento.
E come ha potuto una ragazza sedicenne, di nome Edith Eva Eger a non perdere la fiducia nell’umanità a fronte di tortura, sofferenza e morte nel campo di concentramento di Auschwitz? Lei dice che era l’amore per la danza che l’ha aiutato a superare questi anni crudeli. Ma può bastare? Insomma, lei oggi è una psicologa che aiuta le persone a riprendersi dai loro traumi proprio con lo strumento della resilienza (Dr. Eger, Edith Eva; “La scelta di Edith” (2017); Casa editrice: Corbaccio; ISBN: 9788867001248). E a 90 anni danza ancora.
Come mai questi due personaggi (come tanti altri eroi sconosciuti e non famosi) non hanno mai perso la speranza e la fiducia? La loro personalità è rimasta integra; con le loro menti hanno potuto trasformare il dolore; sono riusciti a perdonare ed a posare lo sguardo verso il domani, il futuro.
Ognuno di noi reagisce a ciò che gli accade: ognuno a suo modo. Essere resilienti significa andare oltre il meccanismo del “Coping evitante”, un processo di “separazione” dalla proprie emozioni per evitare di farsi travolgere da emozioni ingestibili. Una classica reazione di “Coping Evitante” è quando p.e. una persona racconta un episodio tragico vissuto senza alcun segno di agitazione o coinvolgimento emotivo; è come raccontasse la storia di un’altra persona. E’ un modo del tutto naturale che ogni uno utilizza in situazioni di enorme carico emotivo. Il problema sorge quando la persona rimane nel modus “Coping evitante” e non trova la forza per integrare le emozioni percepite come negative. In questi casi succede che l’evento e l’emozione associata ad esso vengono spinti nel subconscio rimanendo irrisolti e possono alterare il pensiero della persona in modo costante. Il pensiero diventa convinzione che alla sua volta altera il livello dell’energia vitale della persona. Una convinzione negativa compromette il flusso libero della energia vitale, e di conseguenza, una mancanza di energia vitale permanente, favorisce lo sviluppo di malattie.
Invece, analizzare la situazione traumatica, comprendere l’evento, rendersi conto delle responsabilità, accettare quanto è successo, accusare e poi perdonare è il processo di “Coping attivo”. La “resilienza” è la predisposizione nella personalità di una persona di attingere a questo processo. Essere resiliente non significa di essere sempre forte e non disperarsi mai, ma significa non rimanere troppo al lungo nel vertice del pensiero negativo. Significa credere nelle proprie capacità di farcela e credere nel proprio valore. Una persona resiliente ha “Urvertrauen” (parola tedesca per fiducia di base) nelle persone e nella vita.
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